Di che colore sono i tuoi bit?
Questo post è una traduzione di "What Colour are your bits?" di Matthew Skala.
Paranoia è un classico
gioco d'avventura che ha luogo in un mondo futuro estremamente repressivo
Utopistico amministrato dal Computer, il quale è Tuo Amico. Leggendo un recente
articolo di LawMeme e la discussione a esso collegata ho capito che i livelli di
sicurezza codificati dai colori di Paranoia sono una buona metafora per spiegare
molti dei problemi di copyright e libertà intellettuale, e possono aiutare a
capire perché talvolta abbiamo problemi a capire e far capire le correnti di
pensiero in questi campi.
[...]
Nel mondo di Paranoia tutto ha un livello di sicurezza codificato da un colore (da infrarosso fino a ultravioletto) e tutti hanno un livello di autorizzazione codificato allo stesso modo. Non è permesso toccare o avere qualsivoglia rapporto con qualcosa di livello superiore al proprio. Un Troubleshooter di livello Rosso non può attraversare una porta di livello Arancione. Formalmente, non gli è neanche permesso di essere a conoscenza di cose di livello superiore al proprio. Chiunque violi questa regola è un Mutante Traditore Comunista, passibile di pena di morte.
Gran parte del gioco ruota intorno alle conseguenze di questi livelli di
sicurezza. Ad esempio, l'Amico Computer potrebbe chiedere a un gruppo di
Troubleshooter di livello Rosso di ridipingere un corridoio che avrebbe dovuto
essere Arancione ma è stato dipinto di Giallo per errore dai Mutanti
Traditori Comunisti. È assai probabile che in tale caso i Troubleshooter
finiscano per spararsi a vicenda per aver tradito l'Amico Computer, dato che
nessuno di essi può toccare la vernice, avvicinarsi al corridoio, parlare del
proprio compito e a tutti è richiesto di far rispettare tali regole.
Nella proprietà intellettuale e in altri campi siamo molto interessati a informazioni, dati, opere d'arte e un sacco di altre cose che riassumerò con il termine "bit". I bit sono tutte quelle cose che (in linea di principio) possono essere rappresentate da zeri e uni. Gran parte della proprietà intellettuale consiste in regole su proprietà intangibili dei bit — Chi ha creato i bit? Da dove vengono? Dove stanno andando? Sono copie di altri bit? A queste domande si può dare risposta con dei "metadati", ma a mio parere i metadati sono altri bit aggiunti ai bit in questione, e io vorrei sottolineare che quello di cui parlo qui è qualcosa che non è ben descritto da bit e non lo potrà mai essere. Chiamiamolo "Colore", perché risulta funzionare in modo simile ai livelli di sicurezza del mondo di Paranoia.
I bit, per loro natura, non hanno Colore. Il Colore, in questo senso, non fa
parte dell'universo. Cosa più importante, non puoi guardare direttamente i bit
e osservare di che Colore sono. Recentemente mi sono imbattuto in un esempio
divertente di Colore dei bit: un mio amico stava parlando di come avesse
eseguito 4'33", il famoso brano muto di John Cage, per MP3. Ok, abbiamo detto,
(sto parafrasando la conversazione), insomma hai preso un file di zeri della
dimensione giusta da /dev/zero
e lo hai compresso con un compressore MP3? No,
no, ha detto. Se lo avessi avessi fatto, non sarebbe davvero 4'33", perché per
eseguire quel brano devi creare il silenzio in un particolare modo, secondo le
regole redatte dal compositore. Non si tratta di quattro minuti e trentatre
secondi di un silenzio qualunque.
Il mio amico aveva messo in atto un procedimento elaborato che in sostanza
consisteva nel riprodurre da un sintetizzatore software con il volume impostato
a zero un qualche altro brano musicale della lunghezza di quattro minuti e
trentatre secondi. Il risultato era un file della giusta lunghezza di soli zero
— che ha quindi compresso con un compressore MP3. Il file MP3 era identico bit
a bit a uno ottenuto comprimendo /dev/zero
… ma questo file era (secondo lui)
una vera e propria registrazione di 4'33", mentre l'altro non lo sarebbe stato.
La differenza stava nel Colore dei bit. Lui sosteneva che i bit nella propria
copia di 433.mp3 avessero un Colore diverso da quelli nella copia di 433.mp3 che
potrei ottenere tramite /dev/zero
, sebbene i due file contengano esattamente
gli stessi bit.
Ora, il paragrafo precedente è sostanzialmente privo di senso per un informatico o per chi possegga un background matematico (come il mio amico; la sua era una sorta di complicata presa in giro). I numeri sono numeri, no? Se io sommo 39 e 3 ottenendo 42, e tu fai lo stesso, non ha alcun senso affermare che il "mio" 42 sia diverso dal "tuo" 42. Dati due file MP3 identici bit a bit, non esiste un modo sensato (per un informatico) di dire che uno è una registrazione dell'opera di Cage e l'altro no. Non esisterebbe modo di sondare uno dei file e capire quale fosse in origine, perché in realtà sono lo stesso file. Avere gli stessi bit significa per definizione essere identici. I Bit non hanno Colore; gli informatici, così come i computer, sono Daltonici. Questo non è un nostro errore o una nostra mancanza: anzi, ci siamo impegnati per diventarlo. Il Daltonismo degli informatici ci aiuta a capire che anche i computer sono Daltonici, e dobbiamo esserne ben coscienti di ciò per svolgere il nostro lavoro.
Il problema è che gli esseri umani in generale non sono Daltonici. La legge non è Daltonica. È importante non solo quali bit tu possegga, ma anche da dove provengano. Sul sito internet dell'Osservatorio della Marina degli Stati Uniti (USNO) troviamo un esempio di bit Colorati. Su quel sito danno informazioni sull'ora dell'alba, del tramonto e cose del genere… ma le danno sotto condizione che non sia lecito usare queste informazioni in tribunale. Se devi sapere quando il sole è sorto o tramontato in una causa hai bisogno di un perito — perché non ti bastano i bit dell'ora dell'alba. Hai bisogno che quei bit siano Colorati del Colore che permetta loro di essere usati in tribunale, e l'USNO questo non lo permette. Non è soltanto una questione di precisione — sappiamo benissimo che i numeri dell'USNO vanno benissimo. È una questione dell'origine di questi numeri. Ha perfettamente senso per un avvocato che la provenienza di un informazione sia importante, in effetti forse più importante dell'informazione stessa. La legge vede i Colori.
Supponiamo che pubblichiate un articolo che per caso contenga una frase identica a una di questa articolo, ad esempio "La legge vede i Colori". Sono soltanto quattro parole, tutte comuni, e la frase potrebbe essere benissimo prodotta casualmente. Magari avevate idee simili alle mie e avete messo insieme le parole in modo simile. Se è così, bene. Ma magari avete scritto il "vostro" articolo copiando e incollando dal "mio" — in tal caso, le parole possiedono quel Colore che obbliga ad attribuire le citazioni, a preoccuparsi dello stato di "lavoro derivato" secondo la legge sul copyright e così via. Esattamente le stesse parole — rappresentate su un computer con esattamente gli stessi bit — possono avere Colore e conseguenze diverse. Usando le stesse parole senza metterle fra virgolette puoi essere un autore o un plagiatore, a seconda di dove tu le abbia prese, anche se sono le stesse parole. È importante da dove vengano quei bit.
Penso che ciò che i programmatori di Monolith stiano sfidando sia il Colore, sebbene io tema che la loro comprensione del problema sia superficiale sia sul lato informatico sia su quello legale. L'idea di Monolith è di combinare matematicamente due file con l'operazione di or esclusivo. Prendete un file su cui qualcuno vanta del copyright, fondetelo con un file pubblico di dominio pubblico, e il risultato, spazzatura apparentemente priva di informazione, è apparantemente non coperta da copyright sebbene chiunque in seguito possa disfare l'operazione e produrre una copia del file coperto da copyright da cui eravate partiti. Oh gioia! Gli avvocati ora ci dovranno lasciare stare, ora che abbiamo dimostrato l'assurdità della proprietà intellettuale!
Il punto debole di Monolith è che sta prendendo sottogamba il Colore, provando a usare regole del mondo legale un istante e regole del mondo matematico l'istante successivo, secondo come faccia più comodo. Quando all'inizio possedevate un file coperto da copyright, quel file chiaramente ha il Colore "coperto da copyright", e voi non potete averci a che fare, Cittadino. Quando è crittato con Monolith, gli autori sostengono che il file risultante non possiede Colore — come potrebbe avere il Colore del copyright? Sono solo bit casuali! Quando poi è decrittato, non può possedere il Colore del copyright perché proviene da file in pubblico dominio. Il problema è che qui ci sono due insiemi di regole in conflitto. Secondo le regole dell'avvocato, il Colore non è una funzione matematica dei bit, che può essere determinata andandoli a esaminare. Quel che conta è da dove questi bit provengano. Il file crittato ha ancora il Colore del copyright perché proviene da un file coperto da copyright. Non importa che aspetto abbia, o il fatto che sia identico bit a bit a un file che potresti ottenere da un generatore di numeri casuali. Quel che conta è che non l'hai ottenuto così. Lo hai ottenuto da materiale coperto da copyright; quindi è coperto da copyright. Il file generato casualmente, anche se è uguale bit a bit, ha Colore diverso. Il Colore si conserva per i processi di crittazione e decrittazione, e tu stai distribuendo del materiale coperto da copyright, Mutante Traditore Comunista.
Per un informatico, d'altra parte, i bit sono bit e basta, ed è fondamentale che due porzioni identiche di bit non possano essere distinte l'una dall'altra. Il Colore non esiste. Ho visto informatici sostenere (in effetti, uno lo ha fatto proprio oggi nella discussione che ha stimolato questo post) che la legge sul copyright porta sempre a conclusioni prive di senso come: "Se io possiedo il copyright su una cosa, e il copyright si conserva attraverso uno XOR, allora io possiedo il copyright su tutto perché tutto può essere ottenuto dalla mia cosa facendo XOR con il file opportuno". Questo suona profondo solo se siete un informatico Daltonico; sarebbe noioso e privo di senso per un avvocato perché agli avvocati è insegnato di credere e usare il Colore, ed è ovvio per un avvocato che il Colore non si spande magicamente all'intero universo attraverso file casuali ipotetici che un giorno potrebbero essere creati. Avreste potuto creare quel file casualmente, ma non lo avete fatto. Magari potreste creare un file identico alle opere complete di Shakespeare facendo XOR di due file apparentemente contenenti spazzatura casuale. "Perché, così come posso io, può chiunque"; ma questo non fa di me William Shakespare.
Questa idea del Colore è un problema di comunicazione fra chi di noi lavora nel mondo dei computer, in cui il Colore non esiste, e chi di noi lavora nel mondo della legge, dove il Colore esiste ed è importante. Gli avvocati porranno agli informatici domande su come scoprire il Colore di certi bit (ad esempio "Come può l'Amico Computer evitare che i Mutanti Traditori Comunisti facciano copie illegali, permettendo comunque ai fedeli Troubleshooter di usare i propri dispositivi di copia?"), e gli informatici troveranno difficile rispondere in modo che che gli avvocati capiscano — perché gran parte dell'informatica sta nel capire che il Colore non esiste. Chi si preoccupa molto del Colore dei bit, e spende risorse provando a rispondere a questa domanda, è un pericoloso idiota se non un Mutante Traditore Comunista. Nella proprietà intellettuale il Colore dei bit esiste ed è di importanza capitale. Un informatico che non dica di che Colore sono i bit sta facendo ostruzionismo, e un informatico che nega l'esistenza stessa del Colore (come ogni informatico zelante dovrebbe prima o poi fare) è un pericoloso idiota e/o un Mutante Traditore Comunista.
Ci sono svariate tattiche che potremmo provare per evitare il problema. Gli informatici che vogliano provare ad essere d'aiuto potrebbero dire: "Ok, tu, l'avvocato, sei un pericoloso idiota, ma io devo lavorare con te oppure essere buttato in prigione in quanto Mutante Traditore Comunista come è successo a Dmitry Sklyarov, quindi proverò a risolvere il tuo problema. Tu dici che esiste una qualche proprietà speciale di alcuni bit e che abbiamo bisogno di sapere quali bit abbiano questa proprietà. Bene. Aggiungeremo un po' di tag a quei file per dire di che Colore sono". Nel mondo del copyright questa è la soluzione dei "DRM". È quello che fanno con i DVD (ristretti per regione), cassette VHS (Macrovision), Adobe eBooks ("non puoi leggere questo file ad alta voce"), CD (SCMS) e molti altri formati. Il problema è che se noi (come informatici) fossimo intellettualmente onesti in proposito, dovremmo ammettere che non può davvero funzionare.
I tag sono soltanto più bit. Puoi scrivere un tag che dice "questo è un tag Arancione", ma sarebbe fatto di bit e quindi non potrebbe davvero avere un Colore perché il Colore non esiste. Sarebbe soltanto un tag privo di Colore che dice "questo è un tag Arancione". Sarebbe oggetto di tutte le conseguenze del fatto che il Colore non esista — come il fatto che il tag possa essere tolto più in là. Gli informatici lo sanno; dobbiamo esserlo, perché sapere che il Colore non esiste è quello che ci rende informatici in primo luogo.
Quello che facciamo con i DRM è simulare il Colore in modo informatichese. Ma gli avvocati sfruttano la possibilità di fare questo tipo di simulazione e dicono: "Visto! Lo ammettete! Potete riconoscere il Colore dei bit, dopotutto!" e poi ne ricavano tutte le altre regole che vogliono imporre (come "I Troubleshooter di livello Rosso non possono camminare in corridoi Arancione") abbiano senso nel mondo dell'informatica. Diranno "Puoi riconoscere il colore dei bit, dopotutto!" invece di "Il colore esiste, dopotutto!" perché l'idea che il colore non esista non sfiora neanche la loro immaginazione. Il "fatto" che il Colore sia qualcosa di reale è così fondamentale per la legge che non può essere messo in discussione. Ovviamente il Colore esiste. Noi avvocati pensiamo al Colore così spesso che pensiamo di poterlo vedere. Come mai non puoi? Magari i tuoi occhi hanno qualcosa che non va. Come informatici, dobbiamo mettere in chiaro che il Colore simulato da tag privi di Colore che dicano "questo è un tag Arancione" e simili, è comunque soltanto una simulazione. Le proprietà che il colore dovrebbe avere non derivano dai tag, perché queste proprietà sono Colore, i tag sono bit, e i bit non hanno Colore. Anche i bit che parlano di Colore non hanno Colore. Il Colore non esiste.
Un'altra cosa che gli informatici proveranno a fare sarà trattare il Colore come una funzione (nel senso matematico del termine) dei bit — magari una funzione non calcolabile (nel senso matematico del termine), magari non trattabile, ma comunque una funzione. Lo facciamo o perché pensiamo che il Colore sia davvero una funzione, o perché siamo un po' più raffinati, sappiamo che non è una funzione, ma pensiamo che possiamo imitarlo abbastanza bene con una funzione da levarci di torno gli avvocati. In ogni caso, l'idea è che dovremmo essere in grado di guardare i bit e in qualche modo determinare, a partire dai bit stessi, di che Colore dovrebbero essere.
Considerare il Colore come una funzione è quasi la stessa cosa di aggiungere tag ai bit — la differenza è che, se il Colore è una funzione dei bit, non ci dobbiamo preoccupare di tag mancanti; d'altra parte, se il Colore è una funzione dei bit, non possiamo avere più di un Colore per una data sequenza di bit. Monolith si basa sullo sfruttare questo problema: suppone che ogni file possa avere solo un Colore, afferma che il colore del file in uscita sia il Colore "puoi copiare questo file" per via dell'osservazione (corretta) secondo cui assegnare qualunque altro Colore immutabile creerebbe problemi legali, e quindi seguono questo ragionamento fino a sostenere che si possa creare un file altrimenti coperto da copyright senza infrangerlo. Un solo Colore per file non è mai stata una delle regole; è solo una conseguenza di "il Colore è una funzione", e che il Colore lo sia è una cosa che noi informatici abbiamo deciso di credere perché, per quello che ci è stato insegnato, le funzioni hanno senso ma il Colore no. Il Colore non è assolutamente una funzione.
Provare a scoprire il Colore dai bit potrebbe sembrare una cosa accettabile da fare finché i bit sono legati ad oggetti fisici. Potete esaminare un documento di carta per scoprire se è l'originale oppure una copia. Potete probabilmente esaminare qualcosa che sembri una fotografia e determinare se si tratti di una fotografia reale o qualcosa di più complicato. Ma anche nel mondo analogico, determinare il Colore con qualche analisi non è sempre possibile. Guardando una foto di due persone che fanno sesso non si può capire se fossero consezienti o meno, o addirittura se fossero d'accordo a essere fotografati. Questa è una differenza di Colore, non una funzione dei bit che compongono la foto — ed è vero anche delle foto analogiche.
Altre domande importanti a cui potreste o non potreste essere in grado di rispondere esaminando una fotografia sono "Quelle cose sono davvero esseri umani, o una qualche simulazione?" e "Quanti anni hanno?". Queste domande erano già difficili nel mondo analogico; sono diventate ancora più difficili in quello digitale. È facile immaginare che qualcuno possa creare con mezzi innocenti (disegnando, simulando o che so io) un'immagine identica bit a bit a una del Colore (probabilmente Rosa) della pedopornografia. In quel caso, a seconda della vostra opinione, potrebbe contare la provenienza dei bit nel determinare se sono Rosa (illegali) o Verdi (legali). Gli stessi bit potrebbero avere Colori diversi.
La pedopornografia è un caso interessante perché mi trovo, e penso molti informatici si trovino, sul lato opposto del divario fra Colore e Daltonismo da quello su cui normalmente sto. Parlando di copyright passo un sacco di tempo a spiegare che il Colore non esiste e che non importa da dove provengano i bit. Ma, quando si parla di pedopornografia, penso che il Colore faccia la differenza — se abbiamo davvero intenzione di proibirla, dovrebbe fare differenza da dove provenga. Se dei bambini vi abbiano davvero preso parte, chi ha dato il consenso e chi no, in breve: di che Colore siano i bit. L'altra fazione si schiera sul versante opposto: la pedopornografia è pericolosa di per sè, e non importa da dove provenga. Sostengono che il fatto che si tratti o meno di pedopornografia, e, in caso affermativo, se sia illegale o meno, sia interamente determinato da (una funzione dei) bit stessi. La legalità, almeno secondo le leggi sul buon costume, non dovrebbe comportare distinzioni di Colore.
Penso che gli informatici possano capire molto meglio il Colore di noi perché in certe aree dell'informatica il Colore conta. Ho già parlato dei problemi delle citazioni e del plagio — parole identiche possono o non possono essere lecite senza le virgolette in un articolo a seconda del loro Colore. Chi di noi possiede una laurea è in grado di seguire queste regole perché le persone che non lo fanno vengono espulse prima di conseguire il titolo. Ecco qua un'applicazione del Colore al mondo accademico.
Se aveste esperienza di metrologia — non "metereologia", intendo la scienza che studia le misurazioni — avreste già incontrato l'idea di tenere traccia del pedigree degli standard. Il laboratorio di chimica qui sotto ha un grosso barattolo di soluzione tampone la cui etichetta afferma che non solo possiede un pH di esattemente 7.00, ma che il suo pH si può far risalire al tale standard primario tramite una catena che probabilmente termina al National Bureau of Standards sito in Boulder, stato del Colorado degli Stati Uniti d'America. Questo è Colore. Non solo conosci il pH della soluzione tampone, ma sai anche da dove proviene. Qualcun altro che non sia il National Bureau of Standards potrebbe essere in grado di produrre una soluzione tampone che sia altrettanto buona e di pH 7.00 con la stessa precisione. Se possedeste un campione di soluzione tampone di pH 7.00 sarebbe indistinguibile dalla vera soluzione con pedigree; ma non sarebbe la stessa cosa per via del Colore intangibile che la rende autentica.
Parrebbe che le applicazioni del Colore all'informatica siano principalmente nel campo della sicurezza. Supponete che il vostro computer sia stato infettato da un qualche worm o virus, e che voi vogliate disinfettarlo. Cosa fate? Caricate il sistema operativo dal dispositivo aperto soltanto in scrittura che avete usato per installarlo. Certo, il vostro hard disk contiene già una copia del sistema operativo, ma voi non potete usare quella copia — è del Colore sbagliato. A questo punto cominciate a rimpiazzare file, magari esaminandoli, cambiate dischi e li proteggete in scrittura; nel frattempo state tenendo traccia del Colore di ogni parte del sistema e di ogni disco finché non avete isolato i file sospetti e tutto il resto possiede il Colore "non infetto da virus". È interessante osservare che gli sviluppari di applicazioni web in Perl usano un sistema simile per tenere traccia di quali bit sono "contaminati" dall'input degli utenti.
Quando usiamo il Colore in questo modo per proteggerci dai virus e dagli input malevoli, stiamo usando il Colore per approssimare in modo conservativo una funzione dei bit difficile se non impossibile da calcolare. Il nostro sistema operativo è infetto, oppure non lo è. Una data sequenza di bit è un file infetto oppure non lo è, e la stessa sequenza di bit sarà sempre infetta oppure non lo sarà mai. Disinfettare un file ne cambia i bit. "Infetto oppure no" è una funzione dei bit, non un Colore. Il problema è che, poiché uno qualunque dei nostri file potrebbe essere infetto, inclusi gli strumenti che usiamo per diagnosticare l'infezione, non possiamo calcolare in modo affidabile la funzione "è infetto", quindi usiamo il Colore per approssimare "è infetto" con qualcosa che sappiamo calcolare e gestire — cioè "potrebbe essere infetto". Osservate che "potrebbe essere infetto" non è una funzione; lo stesso file "potrebbe essere infetto" o "non (potrebbe essere infetto)" a seconda della sua provenienza. Questo è un Colore.
Ma il Colore "potrebbe essere infetto" è chiaramente una cosa fittizia che creiamo per aiutarci ad approssimare una funzione difficile da approssimare. È sempre facile argomentare che il Colore non esiste davvero. Ho lasciato alla fine quello che penso essere il miglior esempio di Colore nell'informatica, e penso che anche il matematico più purista debba accettare che, sebbene non si tratti di una funzione e non possa essere rappresentata in bit, sia qualcosa di reale di cui dobbiamo essere in grado di pensare e preoccuparci.
I numeri casuali hanno un Colore diverso da quello dei numeri non casuali. La domanda di come capire se certi numeri siano o meno casuali semplicemente guardandoli è uno dei flame ricorrenti di sci.crypt. Non si può fare. Ecco un numero: 2. Era casuale? Beh, magari l'ho ottenuto tirando un dado (un generatore casuale); o magari l'ho ottenuto contando le mie gambe (probabilmente non casuale). Se vi do un file di bit apparentemente casuali, non c'è un modo facile per capire se sono stati generati casualmente. Lo stesso file potrebbe essere generato da una sorgente casuale basata sulla meccanica quantistica, da scimmie di fronte a macchine da scrivere, oppure crittando un file non casuale ben noto in qualche modo che potrebbe essere generalmente noto o meno.
Potreste effettuare dei test statistici; ad esempio, se scopriste che nel file è contenuta un'intera copia delle opere di Shakespeare, allora non avrebbe l'aspetto che dovrebbero avere i numeri generati casualmente. Ma potrebbe comunque esserlo. Il test ci dice se quel file possiede le proprietà statistiche di un file generato casualmente, ma non garantisce che lo sia stato. Non è neanche corretto dire che "la probabilità che questo testo sia stato generato casualmente è molto bassa" perché non è vero — o lo è stato o non lo è stato, non è questione di probabilità. Al più potreste dire "se chiedessimo a un generatore casuale di produrre un file di queste dimensioni, la probabilità di generare questo file sarebbe molto bassa", che suona la stessa cosa, ma non lo è.
Fate attenzione ai termini che ho usato — ho detto numeri "generati casualmente". I crittografi zelanti evitano di dire "numeri casuali". Correggono costantemente e fastidiosamente con "numeri generati casualmente", perché non sono i numeri a essere o meno casuali, ma la loro sorgente. Se vi stessero dando numeri da una sorgente casuale e voi li metteste alla prova per vedere se sono davvero "casuali", buttando via quelli che non sembrano esserlo, allora finireste per diminuire l'entropia di Shannon della sorgente, violando i vincoli del cifrario di Vernam se la vostra applicazione si basa su di esso, e in generale diminuendo la sicurezza. Nella precedente frase vi ho tirato addosso un po' di termini matematici e non ho in mente di spiegarli qui, ma i crittografi capiscono che non sono i numeri a contare quando parliamo di casualità. Quel che conta è da dove vengano questi numeri — cioè, esattamente, il loro Colore.
Perciò se pensiamo di capire la crittografia, dovremmo essere in grado di capire che il Colore è qualcosa di reale sebbene i bit non posseggano Colore. Penso sia ora che gli informatici prendano sul serio il Colore — se non altro per spiegare meglio agli avvocati perché debbano abbandonare il proprio sogno di pretendere l'esistenza del Colore all'interno dell'Amico Computer, in cui il colore non c'è e non può esistere. Magari allora smetteranno di provare a spararci in quanto Mutanti Traditori Comunisti.
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